Disegno e articolo di Roberto Salvetti
Va evidenziato il fatto che la gara camuna ha segnato un percorso che attraversa ben sei decadi -dagli anni '60 del secolo scorso, sino agli anni '20 di questo inizio millennio- un primato di ricorrenza e durata che poche altre gare in salita italiane possono vantare (giusto per citarne solo un paio tra Nord e Sud Italia, la "Trento-Bondone" o la "Coppa Selva di Fasano", forti di un Albo d'Oro dal maggior numero di edizioni, essendo nate in alcuni casi anche molti anni prima). La "Malegno-Ossimo-Borno" quest'anno fa 52. Cinquantadue edizioni: sarebbero potute essere di più, se non fosse stato per un paio di cicli di interruzione, il più lungo tra il 1977 e il 1981 in cui la gara rischiò di cadere definitivamente nel dimenticatoio, ma non ha importanza: sono comunque cinquantanove anni di storia.
Sembra passata un'eternità, ma a distanza di quasi 60 anni sono ancora tra noi numerosi testimoni di quei "favolosi anni '60 da corsa" che sui nostri bei tornanti ci passavano il fine settimana motoristico, chi impugnando un volante (nomi come Luciano Dal Ben o Luigi Moreschi, per non dimenticare Edoardo Lualdi o Mario Casoni), chi dall'altra parte della scena sottoforma di pubblico su quelle "tribune naturali": ancora ai giorni nostri capita di sentire al bar qualche attempato spettatore di quei tempi uscirsene chiedendo in dialetto "...Quando la fanno, la prossima Malegno-Borno?" cosicchè il tempo pare d'incanto fermarsi.
Un tratto del percorso che da Malegno porta a Borno, periodo precedente l'asfaltatura. Sono visibili i "due ponti" (da qui il nome con cui è noto questo tornante) (foto © Archivio Magnolini - Lombardia Beni Culturali)
I miei ricordi più belli iniziano dalla prima metà degli anni '70: nei giorni della gara circolavano gli incaricati dell'editore Zanolli -scomparso lo scorso anno- che si facevano a piedi tutto il tracciato per vendere al pubblico la rivista "Brescia Club" con l'elenco degli iscritti (che costava quasi quanto un pranzo in trattoria): a fine gara riuscivo sempre a recuperarne "agratis" una copia dimenticata da qualcuno, semprechè ancora in buono stato. Già al venerdì mattina comparivano le prime tende canadesi (rigorosamente due posti: romanticamente immagino qualche cinquantenne di oggi, magari nato da quelle belle occasioni...), in tanti già respiravano l'atmosfera della "Malegno-Ossimo-Borno" sin dalle prime fasi, quelle delle verifiche tecniche: si potevano già ammirare le vetture nelle loro infinite ricognizioni -oggi proibite- su e giù per il tracciato tra sgassate di acceleratore, grattate di marce che non entravano, scie odorose di ricinato lasciate dalle Simca R2, le A110 Alpine 1600, le Alfa Romeo Gta e le tantissime Giannini e Abarth 595 e 1000. Poi ancora, le protezioni ai guard-rail: barriere composte da gialle e odorose balle di paglia, che spesso non duravano fino a domenica poichè nelle fresche notti di fine agosto/metà settembre qualcuno le bruciava per scaldarsi... sempre che qualcun altro non avesse già provveduto a imboscarsele nella propria stalla, per ricavarci il giaciglio del maiale o delle galline.
Il folto pubblico degli anni '60 (© Museo Camuno della Fotografia Storica)
Le vetture derivate di serie utilizzate da molti aspiranti piloti di allora -ed è stato così fino praticamente a tutti gli anni '80- erano in alcuni casi le stesse con cui si recavano al lavoro di tutti i giorni, mentre le Gran Turismo o le Sport arrivavano in Valle celate da un telo -che ne lasciava giusto intuire le silhouette- su dei rimorchietti in cui c'era lo stretto necessario per l'assistenza (un treno di gomme da asciutto e uno da pioggia, la cassetta degli attrezzi e poco altro): ricordo anche di aver visto arrivare una "700 Giannini" (le Fiat 126 di Gruppo 5, per intenderci) sul pianale di un piccolo pulmino Volkswagen che per farla scendere doveva scivolare con le ruote su due assi di legno. Una vettura ammaccata da qualche incidente in prova non dava per vinto il pilota: se il trittico "ruote-motore-cambio" funzionava ancora, non era raro vederla riapparire il giorno dopo in gara, con ammaccature ancora evidenti sulla carrozzeria oppure con un fanale "guercio" rabberciato con dello scotch. Solo in apparenza poteva sembrare tutto improvvisato, ma così non era. Oggi è tutto molto più bene organizzato, forse sin troppo: anche le gare in salita, pur rimanendo un ambiente dal fascino impareggiabile, hanno fatto il salto di qualità per sicurezza e per spiegamento di mezzi; gli stessi piloti -molti di essi- ora sfoggiano doti imprenditoriali da "team manager" portando in giro delle vere e proprie Squadre Corse con tanto di multivan che può contenere due o tre vetture e persino uno spazio abitativo da fare invidia a un monolocale!
L'unica
pecca, forse, della gara ai giorni nostri, è il fatto di
dare il via alle vetture di mattina presto per
consentire due salite: questo penalizza non di poco il pubblico
(non più quello dei tempi migliori), spesso costretto a
fare delle vere e proprie levatacce per trovare una
postazione prima della chiusura del percorso; chi arriva
da lontano e non può godere di tutto il weekend
motoristico e ha a disposizione soltanto il sabato o la
domenica, spesso rinuncia... oppure deve accontentarsi
di assistere solo alla salita pomeridiana.
Tutto
questo è la "Malegno-Ossimo-Borno" del "terzo
millennio": vetture sempre più evolute e performanti per
piloti oggi forse meccanicamente più "assistiti"
rispetto a ieri, ricambio generazionale di spettatori e
innovazioni di ogni tipo, anche di comunicazione grazie
ai "social network" che con immediatezza forniscono
informazioni di ogni sorta. Ma il fascino che attira
pubblico da oltre mezzo secolo rimane immutato: anno
dopo anno, la gara camuna rinnova la sua sfida con il
tempo senza mai accusarne il peso.
1972 - Quando ai concorrenti era consentita la ricognizione pre-gara (anche con le vetture Sport!)
(Foto Gilberti - Malegno)